venerdì 18 marzo 2011

MINISAGGIO INFORMALE (ironico) SULLA MUSICA DI BRUCE SPRINGSTEEN ED I SUOI EFFETTI COLLATERALI

Nel 1982 Ernesto mi regalò una musicassetta dei Fratelli Fabbri Editori, di quelle che si trovano a basso prezzo in edicola, di un certo Bruce Springsteen. Mi disse: “tu che sei una dilaniana sfegatata, senti questo, è il nuovo Dylan”. L’ipotesi che potesse esistere un nuovo Dylan già mi infastidì e la mia disposizione d’animo, nell’ascoltare l’usurpatore, logicamente fu totalmente negativa.
E infatti: non mi piacque la voce, non mi piacque l’interpretazione, non mi piacque l’esecuzione strumentale, meno di tutto ancora mi piacquero i brani.
La cassetta finì in un angolo buio della mia discoteca.
Nel 1984, non ricordo né dove né come, mi esplose nelle orecchie “born down in a dead man’s town” ruggita da una voce tonante, esplosiva e sostenuta da una batteria che era bombardamento puro. Mi dissero “ è Bruce Springsteen”. Bruce Springsteen? Lo stesso B.S. che io avevo snobbato…? Questa dinamite dell’anima, questa esplosione nucleare era B.S.? Ma come avevo io potuto allora non rendermi conto…?!
Da allora fu una sbornia. All’indietro. Recuperare il tempo perduto. Ascoltare tutti i dischi ignorati.
Nel 1985, la sera del nostro matrimonio, Ernesto mi fece trovare tutti i dischi di Bruce, sul letto.
Aveva inizio anche il mio matrimonio con Bruce.
Ma si sa che io sono eccessiva nelle mie emozioni e nelle mie sensazioni. Da sempre la musica era stata per me l’aria da respirare, e il suo coinvolgimento totale sempre mi aveva isolata dagli altri perché chi mai attorno a me “sentiva” la musica alla mia maniera? Sempre sola dunque, in questa mia passione, anzi isolata. Fuori. Ma dentro di me albergava l’opposto della solitudine, chè mai io nella mia vita mi sono sentita sola. Anzi
Succede però che la musica di Bruce comincia a trascinarmi in mondi paralleli, mi cattura tanto da distrarmi dalla mia vita reale.Nasce mia figlia. Sento di volermi dedicare solo a lei. Come fare con la musica di Bruce? Mi allontana, mi allontana mentalmente, spiritualmente. Non va bene. Non è possibile. Io non posso. Io non devo. Musica sì. Ma non Bruce. Bruce non si può. Punto. E basta.
Meccanismi perversi che ci portano a privarci della linfa vitale.
Passano anni. La musica di Bruce ascoltata in mente. Soltanto. (Ma sapete quanto può essere bello sentire in mente un intero disco?) I dischi nuovi puntualmente acquistati e ascoltati “per finta”, senza impegno, facendo qualcos’altro. La mia vita di famiglia va avanti, con gli alti e i bassi che ci sono in tutte le case. Senza Bruce. Del resto ce la faccio benissimo.
Arriviamo al 2002. Esce “The rising”, il disco per le due torri. E’ il primo cd di Bruce che ho.
E dai! Siamo tutti grandi ormai. E che ci vuole. Lo scarto. Lo inserisco nel lettore. Dio mio, ma che fa questo. Ma Bruce è un pazzo. Come si può scrivere così, cantare così, suonare così.?! Come posso essermi persa tutto questo ed essere ancora viva? Ecco è questo il punto: sono ancora viva?
Ad ottobre dello stesso anno MTV trasmette il concerto di Barcellona. Lo registro perché a casa non gradiscono vederlo.
L’indomani mattina non vado a lavorare per godermi in pace la registrazione.
Che è orribile. Ma è Bruce!
Quella notte la mia gatta, miasecondafiglia, scappa da casa. Il dolore è immenso. La paura e l’angoscia per non sapere cosa le sia successo. E’ stato per Bruce. Sì, perché l’ho “ripreso”. Di nuovo quell’assurdo meccanismo psicologico che mi spinge a punirmi non so di che. Bruce per me è finito. Per due motivi: primo, perché sempre la sua musica sarà legata ad un episodio drammatico della mia vita; secondo perchè mi sono abbandonata alla mia debolezza.
La gatta torna la notte successiva. Ma io con Bruce ho chiuso lo stesso. Decido di rompere PER SEMPRE.
Facciamo un balzo al 2005. Mi torna costantemente in mente “Waiting…”. E’ solo una canzonetta (essendo di Bruce è UNA SIGNORA CANZONETTA), ma mi tormenta. Mi addormento con Waiting e mi sveglio con Waiting. Mi vengono in mente dei personaggi che interagiscono. Nasce Marina, nasce Giuliano. E c’è sempre la musica di Bruce. I brani più belli mi confondono la mente. Non riesco a lavorare, a parlare, ad occuparmi come vorrei della mia famiglia. Marina, Giuliano, Bruce, la sua musica…
Un giorno mi trovo a chiedere al portiere “scusi , il dottore Ferri è salito?”. Il suo sguardo allibito mi dice che mi sta succedendo qualcosa. Appuntamento con la psicologa. “ Dottoressa, ho una vita parallela fatta di persone immaginarie, e di musica solo pensata che mi sta confondendo, comincia ad esserne intaccata la mia vita reale…” “ Ne scriva un libro, e ascolti materialmente quella musica, vedrà che così tutto andrà bene”.
Seguo il consiglio. Comincio a scrivere “Affittasi”. E torno da Bruce.Finalmente libera. Finalmente con la netta certezza che “questa volta Bruce non lo lascio più”. Allontanarmi dalla sua musica, anzichè salvarmi, mi stava facendo ammalare.
Ed è di nuovo una sbornia. E non voglio disintossicarmi.
Mio padre si ammala. Vederlo soffrire è inaccettabile. Ma dopo un giorno intero accanto a lui a somministrargli gocce d’acqua che non riesce ad inghiottire torno a casa e, prima ancora di pensare alla cena dei miei, trascurati per l’intera giornata, metto un paio di brani di Bruce in cuffia, faccio un pianto liberatorio e sono pronta per un nuovo giorno ugualmente drammatico. Se ho retto i sei mesi della malattia di mio padre lo devo a Bruce e alla sua musica, alla sua maniera di interpretarla e di eseguirla.
Da un anno sono iscritta ad un forum di springstiniani. Con loro finalmente colmo un mio grande vuoto: posso condividere con qualcun altro la passione per la musica di B.S.
Parliamo la stessa lingua. La mia vita , dal 20 luglio 2007 è totalmente diversa. Il senso di unione che ci accompagna a migliaia di chilometri di distanza è fortissimo. Fortissima la sensazione di far parte di una comunità privilegiata, di poter usufruire di qualcosa di magico a molti sconosciuto.
Certo io non sono come loro, lo so. Io non sono una fan. Io non ho duemila versioni dello stesso brano eseguito in trentacinque anni in tutte le parti del mondo. E non seguo Bruce in ogni tour. E non lo considero la parte terrena di Dio. Io trovo che sia un musicista ENORME, un GRANDE scrittore di testi, un cantante STRAORDINARIO ed un “suonatore” di non grande livello tecnico ma di GRANDISSIMO cuore.
Bruce non è un innovatore. Non ha creato niente di nuovo. Ha solo tirato fuori tutta la musica che ha sempre amato, la sua musica americana. Il rock, il soul, i gospels, il country, il jazz. Ne ha creata di tantissima, tutta di una bellezza straordinaria, di una potenza sconosciuta agli altri artisti, creando negli ascoltatori una risposta emotiva di gran lunga superiore a chiunque altro mai. Ecco: il punto è questo: ma chi se ne frega se Bruce è la più grande rockstar del mondo o non lo è, chi se ne frega se non “dobbiamo dimenticare Hendrix o i Pink o Dylan etc. etc. etc.” Chi se ne frega se il suo rock è “stradaiolo, romantico ed enfatico”, chi se ne frega se come chitarrista “non vale una cicca”, chi se ne frega…La grandezza di Bruce sta in come ti arriva al cuore, in quello che certi suoi brani ti fanno provare, nell’emozione che ti scatena la sua voce…( o in ogni caso tutto questo lui lo fa provare ad alcuni, è chiaro, se no tutto il mondo sarebbe springstiniano,) la grandezza sta in quello che provi quando lo ascolti, perché a me, che musica un poco ne conosco e ne ascolto, quello che scatena la musica di Bruce non lo ha mai scatenato nessuna, neanche quella di un altro mio mostro sacro che è Beethoven. E qui c’è poco da argomentare, da teorizzare, da sostenere o da confutare. Qui si parla di sensibilità analoga, si parla di sensazioni, si parla di emozioni. Niente a che fare con giudizi di valore. O con giudizi tecnici. O con giudizi critici, esperti e non. Qui si parla di cuore. Siamo nella sfera dell’irrazionale. Dell’impulso. Della risposta emotiva. E che cos’è tutto questo se non arte?

Io amo la musica. Intendo soprattutto la musica strumentale. O anche vocale, ma nella misura in cui la voce è considerata uno strumento musicale. Cioè, quello che “dice” la voce per me è secondario, mi interessa il suono della voce.
Allora: un gran numero di critici musicali e un altrettanto grande numero di ascoltatori ritengono Bruce Springsteen grandissimo per i suoi testi, anzi lo ritengono più grande per i testi che per le musiche, lo ritengono in sostanza un grande scrittore, portavoce di un certo tipo di America ben collocata nel tempo.
Basti citare Alessandro Portelli, che per diversi anni ha tenuto i suoi corsi di letteratura angloamericana alla Sapienza di Roma, proprio sui testi di Bruce.
E le tesi di laurea che molti studenti hanno portato in varie università italiane, non ultima quella, bellissima, di Antonella D’Amore diventata poi un libro pubblicato dal “Manifesto”.
Ecco, io coi testi di Bruce ho un problema.
Intanto, come ho già detto, per me sono di secondaria importanza. Se io ho voglia di parole vado a leggermi una poesia o un romanzo…motivo per cui , nello scandalo generale, poco mi interessano i nostri considerati grandissimi De Andrè o Guccini. Che come poeti o scrittori per me vanno benissimo, ed in questa categoria attribuirei loro un posto ad alto livello, ma come musicisti nulla di più noioso, monocorde e monotono, sia dal punto di vista compositivo che dell’esecuzione strumentale e vocale. Sto dicendo quello che penso io, non che sia così in senso assoluto. Parlo sempre della risposta emotiva all’ascolto.
I testi di Bruce io li ho scoperti molto tempo dopo. E inizialmente non li ho capiti. Che facilissimi non sono. Pieni di immagini.
Bruce in sostanza racconta delle storie. Storie di disperati, di perdenti, di reietti. Storie. A volte veramente drammatiche. Bellissime. Americane. Pensiamo a “Furore,” pensiamo a film come “Il selvaggio”. Pensiamo. Perché questo fanno i testi di Bruce. Ci fanno pensare. E bisogna stare molto attenti, perché sono soggetti spesso a fraintendimenti vari.
E poi Bruce fa una cosa strana: su una musica trascinante, che facilmente possiamo definire senza paura di essere riduttivi, “allegra”, mette in realtà testi di una grande drammaticità. Uno per tutti valga l’esempio di “American land”, straordinario pezzo country-folk, dal ritmo travolgente, che spinge stadi interi a cantare e ballare in maniera euforica, e che sembra l’esaltazione della “terra americana”. In realtà altro non è che una durissima condanna della violenta oppressione e dello sfruttamento esercitato dagli americani sugli emigrati, che l’America l’hanno fatta.
Ma il rock di Bruce si distingue dal precedente e dal suo contemporaneo. Il rock nasce come ribellione e come distruzione. Ebbene il rock di Bruce lo sarà senz’altro perché se così non fosse non avrebbe tale identità, ma per lui la ribellione e la distruzione non sono fini a se stesse, bensì il primo passo necessario verso una possibile ricostruzione.
Ecco la cosa strana che succede. Quello che possiamo chiamare l’ottimismo di B.S. , la sua convinzione che alla fine tutti abbiamo una ragione per credere e a tutti toccherà la terra promessa, viene espressa non tanto dalle sue parole ricorrenti fede, speranza, sogni, forza, amore etc. etc. ma dalla sua musica. Da una musica potente e vorrei dire vivace, che si pone come contraltare a testi cupi e difficili.
L’esplosione della batteria che è una costante della sua produzione musicale (come si potrebbe parlare altrimenti di buon vecchio puro rock puro?) , la dolcezza dei violini, o la veloce intensità del pianoforte, le schitarrate a tre, il basso che si insinua come il battito del nostro cuore e i lamenti grintosi del sax, uniti al ruggito della sua voce che a volte sa essere di una dolcezza estenuante , sono l’espressione della sua visione positiva , della sua fede che il sogno inseguito possa essere raggiunto. Laddove le sue parole non sempre lo danno per scontato.
Ecco perché, ripeto, quello che per me è grande di Bruce è la musica.
Molto si è scritto sull’uomo Bruce Springsteen. Di bene e di male (molto poco).
Si è detto di tutto e di più. Inutile fare noiose elucubrazioni mentali sulla grandezza dell’artista, la grandezza dell’uomo, chi dei due valga di più, se uno è l’espressione dell’altro…
Non me ne può fregare di meno. Per giudicare un uomo bisogna conoscerlo. Nessuno di noi lo conosce. Possiamo giudicare da quello che vediamo. E vediamo un uomo che da trentacinque anni non ha mai tradito se stesso, i suoi principi, i suoi valori. Una persona INTELLETTUALMENTE E MORALMENTE ONESTA. Almeno fino a questo momento. Tutto il resto non conta.

Giovanna Friscia

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